In questi giorni non si fa altro che parlare del caso "Eluana Englaro", la ragazza in stato vegtativo perenne oramai da 16 anni. Suo papà ha ottenuto qualche giorno addietro l'autorizzazione a porre fine all'esistenza della figlia. Per quanto riguarda il mio personale punto di vista, io ritengo che la Corte di Cassazione (alla quale si rifà il decreto autorizzativo della Corte d'Appello di Milano) si sia espressa in questa materia in maniera impeccabile dal punto di vista tecnico, giuridico e morale.
In medicina si parla di "stato vegetativo perenne" quando, trascorso un anno in cui il paziente non possiede più funzioni cognitive, neanche elementari, ma solo funzioni vitali di base come la respirazione, il ciclo sonno-veglia e la circolazione sanguigna, non esistono più ragionevoli aspettative che il suo stato muti e le sue condizioni migliorino.
Nel nostro ordinamento giuridico non esiste e non è tutelato, al pari del diritto alla vita, un correlativo "diritto alla morte", e dunque non sarebbe possibile parlare di legalità dell'eutanasia (come avviene per esempio in altri paesi nel mondo). Non è questo però il caso di Eluana. La sentenza della Corte ha delineato, infatti, una distinzione tra "vita" e "vita biologica" (in cui rientrerebbe lo stato vegetativo di Eluana Englaro), ritenendo che quest'ultima non vada tutelata a tutti i costi laddove risulti con certezza che le convinzioni personali del paziente volgevano in tal senso.
Impeccabile dal punto di vista tecnico-giuridico, dunque, ed ammirevole dal punto di vista morale, questa sentenza pone la volontà umana, nei confini del regionevole, al di sopra della mera vita biologica.
Sui giornali appaiono quotidianamente dichiarazioni di rappresentanti della Chiesa cattolica in merito a questa sentenza. Titoli come "la vita di Eluana non si tocca" "a Eluana ci pensiamo noi " mi irritano in primo luogo al pensiero che a leggerli ogni mattina sia il padre di Eluana Englaro... Come se lui, la figlia, volesse ucciderla brutalmente, come se per lui questa vicenda non fosse già abbastanza drammatica.
Al di là di questo, vorrei rispondere idealmente alla dichiarazione del presidente dei vescovi italiani, Angelo Bagnasco, secondo il quale non può una sentenza della Corte di Cassazione decidere sulla vita di una persona. Ah no? Sì, certamente, sarebbe auspicabile l'adozione di una legge in merito, ma in assenza di questa, chi dovrebbe essere a decidere? La Chiesa cattolica? Io vivo in uno Stato formalmente laico, e ritengo che una decisione del genere possa e debba essere presa dal più alto organo di un potere indipendente dello Stato. Italiano. Il Vaticano, fino a prova contraria, oltre ad esprimere come tutti noi la sua opinione, non c'entra nulla.