domenica 3 febbraio 2008

Una giornata particolare


Stamattina sono stata svegliata da una telefonata. Mi dicevano di andare a casa di S., perché lui stava morendo.
S. è un signore anziano, è nato all’inizio del secolo scorso, ed è malato da tanto tempo. Quando stava ancora bene mi raccontava tante storie, sulla sua vita e sui suoi tempi, su Roma ai tempi di Mussolini e su come è cresciuto. Era l’ultimo di undici fratelli e in un piccolo paesino del sud Italia la notte dormiva su una cassapanca e veniva svegliato con un catino di acqua gelida in faccia. Forse per questo è cresciuto così forte, così ligio al dovere, così incline alla sopportazione, così capace di andare avanti…
Quando sono arrivata stava molto male, e non era nemmeno cosciente, però io gli ho preso la mano, e gliel’ho tenuta per tanto tempo. Era calda e liscia, con delle macchioline marroncine qua e là; con la mia mano sentivo le tutte le sue nodosità, ed ognuna sembrava parlare della sua vita, ogni piccolo osso, ogni ruga pronunciata, un dolore, una gioia, un sorriso, una lacrima.

Sono tornata a casa stanca e stordita, ed ho ricevuto una telefonata. Mi dicevano di andare a casa di S., perché lei compiva un mese e oggi si doveva battezzare.
Mi sono vestita di fretta, e sotto la pioggia, senza pensare a niente, sono corsa da S. Lì c’erano tutti i suoi parenti, i nonni, gli zii, i cugini, e tanti amici, tutti felici e vestiti bene. C’erano anche i suoi genitori, sua mamma bellissima, vestita di rosso, e suo papà un po’ teso, ma anche lui elegantissimo nel suo vestito blu.
La mamma e il papà di S., però, non si parlavano. Per la verità non si parlano da mesi, ed oggi era la prima volta che il papà vedeva la propria bambina. La mamma, di lui, non ne vuole proprio sapere, e non ne conosco bene la ragione. Forse hanno litigato, forse lui è stato cattivo con lei; forse è lei ad essere cattiva, e per questo vuole tenere lontani papà e figlia; o forse nessuno dei due è cattivo, magari, semplicemente, non si vogliono più bene.


Io sono stata tanto tempo con S. Abbiamo giocato e lei mi ha sorriso serena e felice. Era bellissima vestita di bianco come un principessa, ed aveva due occhioni blu che risplendevano ed illuminavano tutto intorno. Le sue manine erano talmente piccole che sembravano quelle di una bambola, e lei le muoveva di continuo, le metteva sul visino e mi stringeva forte forte le dita, come se volesse dimostrarmi quanta forza c’è, in quel corpicino minuscolo…
La sera, tornando a casa, ho pensato a quanto è sorprendente la vita. Il Sig. S. è ancora lì, nonostante tutti siano accorsi questa mattina al suo capezzale per dargli l’ultimo saluto, nonostante i medici lo avessero dato per spacciato dopo l’ultima nottata di crisi, lui non se n’è andato.
La piccola S. invece, stasera tornerà a casa con la sua mamma, che magari è triste, e piangerà perché si sente sola. Con loro non ci sarà il papà, a dargli il bacio della buonanotte, e a proteggerle durante il sonno.
Quante cose ti aspettano, piccola mia, sei appena nata e la vita già ti mette di fronte alle sue brutture. Chissà se ti sconfiggeranno. O magari le supererai e diventerai una donna ancora più forte e felice.
In fondo, la vita è imprevedibile…

1 commento:

Anonimo ha detto...

Quelle belle histoire tu racontes là, pleine de tendresse et de nostalgie. Si un jour tu plaides devant un tribunal dans des termes similaires, tout le jury va pleurer et ton client sera certainement acquitté ! Voilà, aujourd’hui , un commentaire en français, pour un blog de qualité international !!
Jérôme